Oibò quando è destino di scrivere qualcosa su un determinato argomento le casualità convergono per mettermi lo sprone. In questi sei anni ne ho spesso sentite di tutti i colori. Purtroppo capita che gli altri ti vedano come un farmacista e come tale sei una persona dedita a vendere quello che vuole LUI per farci più soldi possibili, trascurando che possono esserci altri prodotti, molto più efficaci ed addirittura in qualche caso economici. Qui si apre poi una parentesi nella parentesi: il farmacista non li consiglia perché non ci guadagna LUi oppure perché fa gli interessi delle KASE FARMACEUTIKE?
In realtà ho imparato in questi ultimi sei anni che si tratta per lo più di mode o di abitudini. Oppure di persone che ritengono di poter arrotondare il loro stipendio vendendo prodotti che tutto sommato sono anche buoni. Che male ci può essere? Apparentemente sono innocue. Con il tempo ho imparato a fare spallucce: sarei ben poco convincente nel mio ruolo se obbligassi con la menzogna o con altri mezzi persuasivi le persone a comprare tutto da me o a rivolgersi a me unicamente per risolvere i loro problemi. Se ritengono che per esempio la crema al timo sia la cosa migliore per far passare il loro malanno momentaneo che sia. Che facciano. Se una persona non mi guarda neanche in faccia e mi toglie il saluto perché pensa che io sia un cattivo farmacista sono problemi suoi, non miei. Sarebbero problemi miei nel momento in cui in una comunità 9 persone su 10 mi togliessero il saluto. Se ce n'è una che si gira dall'altra parte perché mi ritiene un incompetente pazienza. Non si può essere simpatici a tutto. Quello invece che non riesco a comprendere è l'assoluta incoscienza di chi, vendendo prodotti che non conosce, esordisce come capitato anni fa a me ed un collega, confrontati con un venditore di estratto di foglie di ulivo, con "Questa cosa non può fare male". Certo. Ricordo bene la conversazione e le repliche, poi cancellate da facebook. Forse per il quieto vivere. Ma dopo anni ci torno perché per caso, proprio stasera ho scoperyo qualcosa di nuovo. In genere l'estratto di foglie di ulivo viene propagandato come un forte antiossidante, come una miscela attiva e capace di fare tante cose buone al nostro organismo. Infatti è ricco di sostanze che nel mondo vegetale sono note come FLAVONOIDI. Potete trovare facilmente qui (http://erbedimauro.it/infuso-di-foglie-di-olivo/) una lista di tutte le sostanze contenute. Se scorrete nella lista fino alla voce flavonoidi troverete una voce detta "APIGENINA". Bene. Tenetela a mente. Cercando su libri scientifici ve ne sono alcuni che enumerano (fanno la lista) delle possibili interazioni tra farmaci e sostanze del mondo vegetale. Per farla semplice molti farmaci che assumiamo nel nostro organismo vengono riconosciuti come sostanze estranee ed esterne che il corpo stesso deve trasformare in modo più congeniale. Per farlo utilizza delle sorta di macchinette (che in realtà sono enzimi) che trasformano ciò che il corpo non conosce e non "accetta" in qualcosa di più familiare. Non so se abbiate mai sentito parlare di questi enzimi, detti citocromo P450. Sono molto spesso citati e sono il sistema principale che ha il nostro organismo di trasformare e rendere più accettabili i farmaci che eventualmente assumiamo. Accade quindi che alcune sostanze del mondo vegetale interferiscano con questo citocromo P450, inducendolo o inibendolo. Cosa significa? Significa che se io prendo una pastiglia per il mal di testa e contemporaneamente assumo un'erba che aumenta l'attività del citocromo P450 la pastiglia del mal di testa (l'invasore estraneo) verrà degradato più velocemente e quindi la sua funzione sarà più limitata nel tempo e nell'entità (diminuirà meno il mal di testa). Se invece l'erba inibisse l'azione del P450 la nostra pastiglia per il mal di testa verrebbe degradata di meno e la sua azione durerebbe più a lungo. Ho un po' banalizzato il discorso, ma spero che così in termini abbastanza semplici, il concetto si capisca. Questo fenomeno molto conosciuto e apparentemente semplice in realtà è una delle cose più serie che esista nel mondo dell'assunzione dei farmaci. Facciamo un esempio semplice: un'erba come l'iperico (erba di San Giovanni) può fare una gran differenza sull'effetto di una pillola anticoncezionale in una donna. La differenza tra avere l'effetto del farmaco (pillola) in assenza dell'assunzione di iperico e la totale inattivazione della pillola in seguito all'assunzione di una terapia antidepressiva "naturale"... l'iperico! Vi ricordate l'APIGENINA? Bene se guardate qui: https://books.google.it/books?id=F3DccMft_lsC&pg=PA134&lpg=PA134&dq=citocromo+p450+e+bioflavonoidi&source=bl&ots=M3MkYpd_qu&sig=o1GKo51mu_TaOSBE-CaDdZsnsJw&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiqwKrKxqrWAhUHVhQKHa6PDb8Q6AEILTAB#v=onepage&q=citocromo%20p450%20e%20bioflavonoidi&f=false vedrete che induce il citocromo P450. Quindi l'infuso di foglie d'ulivo aumenta l'effetto della macchinetta che trasforma altri farmaci nel nostro organismo. Pazienza, magari non siete donne o non avete mal di testa. Però la prossima volta che prendete il vostro bicchierone di infuso di foglie d'ulivo fatevi un piccolo favore. Riflettete se per caso contemporaneamente non lo stiate prendendo in contemporanea con altri farmaci. O per esempio evitate di consigliarne l'uso in chi faccia uso di farmaci per la pressione, o peggio in chi prenda terapie anti-rigetto dopo aver subito un trapianto d'organo. E fatevi un altro piccolo favore. Smettetela di pensare al complotto e cercate di capire se e perché state correndo rischi inutili vendendo un prodotto che di per sè è innocuo o benefico, ma in aggiunta ad altre variabili potrebbe non esserlo. Evitereste qualche inutile grattacapo. Ps: ultimamente ho scoperto dell'esistenza di altre sostanze nell'infuso di foglie di ulivo che sembrano avere attività di interferenza con il citocromo p450. Per esempio l'acido maslinico... https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25636872 Per carità nulla di che, ma là fuori c'è ancora un universo vegetale da scoprire, mi sa.
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Le domeniche di pioggia le passo a lavorare a progetti, oppure a studiare. E nel sottofondo un film. Magari un film che fa riflettere, tipo "The founder". Ovvero la storia di come è nato il Mac Donald's negli Stati Uniti. Avevo già letto su un libro una storia analoga, la storia della nascita di una multinazionale com'è stato per la Coca Cola. In genere è un insieme di fortuna, di casualità, di avidità che porta alla formazione di grandi marchi che sono tutt'ora riconosciuti come icone del commercio. La Coca Cola per esempio ha ottenuto il suo successo diventando un'icona di un paese (l'America) laddove i soldati in guerra potevano trovare la bibita dovunque andassero in missione, anche sul sommergibile (all'uopo vennero realizzati appositi distributori di Coca Cola che fossero abbastanza stretti da passare per la porta del sommergibile stesso).
Il film "The founder" è molto più profondo di quanto non appaia e anzi sicuramente lo riguarderò. I messaggi del film sono semplici e chiari: innanzitutto serve un'idea, una buona idea. Ma la buona idea da sola non basta. Il protagonista del film, dopo aver provato di tutto nella sua vita, accingendosi a chiedere dei finanziamenti in banca viene ripetutamente deriso da addetti che lo riconoscono perché i suoi precedenti progetti erano strampalati (quello dei bicchieri, quello dei tavoli pieghevoli..). Nel mondo del commercio e dei soldi l'immagine e la reputazione a volte è tutto e i passi sbagliati si pagano. Questo ancora di più nel mondo moderno di internet dove qualsiasi passo sbagliato rimane nella memoria della rete a vita e non si può fare più nulla per cancellarlo. Quindi anche se hai una buona idea questa da sola non basta per realizzarla. Un altro messaggio importante è l'innovazione: quando il protagonista cerca di espandere i punti vendita della Mac Donald's e cerca soluzioni alternative per fare più soldi deve telefonare ai suoi soci (i fratelli Mac Donald's) per farsi approvare delle nuove politiche commerciali. E i fratelli che hanno paura del nuovo rispondono sempre di no a qualsiasi proposta. Chiusura totale e telefoni sbattuti in faccia. E' questa loro paura dell'innovazione che finirà [spoiler] per fregarli, su tutta la linea. Perchè la sola idea non basta se non riesce a stare in concordanza con i tempi e le situazioni. Innovazione vuol dire adattamento, capacità di saper fronteggiare ogni giorno nuove sfide, che possono spaventare certo, ma che devono comunque essere affrontate e dipanate. Rimandare purtroppo non fa che procrastinare la soluzione del problema, rendendolo più intricato e difficile da affrontare. Dando agli altri i mezzi per passarci davanti e fregarci. Quindi l'idea deve essere non solo buona ma continuamente rinnovabile ed innovativa. In ultimo e qui c'è stata la scena del film che mi ha colpito di più, ovvero quando il protagonista si reca in banca perché sta affogando tra i debiti e un esperto di finanza "origlia" i suoi problemi e alla fine in un faccia a faccia glieli risolve brillantemente. Poco importa che si rescindano contratti. It's money business (ovvero è un affare di denaro) e il mercato DEVE andare avanti, con molto cinismo, ma anche con molto realismo. Le persone con le quali si manda avanti un'idea, purché innovative, sono IMPORTANTI. Anzi sono fondamentali. Perché altri punti di vista possono farti capire che semplicemente non stai trovando una soluzione perché ti sei fissato sul problema sbagliato, non rendendoti conto che i mezzi per risolvere il problema ce li hai sempre avuti sotto gli occhi ma li hai ignorati per ingenuità o per inesperienza. O semplicemente perché, troppo preso dalle tue idee, ti sei chiuso a riccio. E quindi l'idea innovativa deve essere condivisa con le persone giuste. Non bisogna aver paura di farsi dare una mano quando serve, o di ammettere di non essere esperti tuttologi. Non si può arrivare dappertutto ed è giusto che ognuno sappia fare bene il PROPRIO lavoro. Insomma un film che mi ha fatto molto riflettere. Ve lo consiglio se vi interessa capire le dinamiche del mercato e dell'economia e soprattutto le dinamiche umane. Ovviamente tutti questi discorsi mi hanno fatto molto pensare alla Carnia, al problema cronico di queste zone di non avere progetti turistici e/o di rilancio lungimiranti. E anche all'amar de Clevo, ovviamente, che un mio amico ha definito "autoctono". Brillante. Io non ci avevo pensato. Autoctono vuol dire che è un prodotto di QUI, dove la natura è selvaggia e tutti quanti si danno un gran da fare per realizzare quello in cui credono. Magari con risultati alterni. Ma è così: tanto lavoro e tanto spirito di sacrificio. Stay tuned! |
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Luglio 2023
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