Come promesso tengo un po' più aggiornato il blog.
Questa volta vi faccio una domandina: come mai si dice diamante a X carati? Ve lo siete mai chiesto? Ieri, complice anche la bella giornata, sono andato a Castelmonte, nei pressi di Cividale e là la mia morosa mi ha chiesto cosa fossero le carrube, questi sconosciuti fagioloni marrone (molto spesso pieni di vermi quando vecchie). Ne ho preso un pacchetto e gliele ho fatte assaggiare, raccomandandomi di stare attenta ai semi neri e durissimi che le carrube contengono e che possono perfino spezzare i denti. Ebbene ho scoperto, andandomelo poi a cercare per curiosità, che quei piccoli semi neri si chiamano carati. Perché mai? La pianta del carrubo è una pianta originaria dell'Africa e conosciuta bene dagli arabi, i semi contenuti nei frutti hanno l'originale proprietà di essere più o meno tutti dello stesso peso. Pertanto gli arabi li usavano come metro di confronto per i pesi, sapendo che a cinque semi (o carati) corrisponde un grammo. Stamattina torno in farmacia con una ventina di questi semi e... provo a pesarli sulla bilancia di precisione. Nelle preparazioni farmaceutiche dove è importante il peso si deve fare un saggio di uniformità di peso. Che so, se preparo delle capsule esse devono soddisfare il saggio di uniformità di peso, in parole povere devono pesare tutte quante uguali... il che vuol dire da un punto di vista tecnico che prese venti unità non più di due unità possono avere una deviazione percentuale dal peso medio pari al 10%. Presa allora la mia manciata di semi di carrubo ho provato a vedere se soddisfano il saggio di uniformità in peso e provate un po' a immaginare... LO SODDISFANO. Il peso medio dei semi è di 0,218 grammi (quindi 5 semi fanno poco più di un grammo) e nessun seme ha un peso che non sia compreso nell'intervallo di 0,218 più o meno 0,020 (il 10% del peso medio). Ora scarificherò i semi (ovvero praticherò una incisione sul lato) e poi in acqua per una notte, in modo tale da ottenere dei piccoli carrubi....
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Poiché mi rendo conto che spesso mi si ravvisano PERSONALMENTE su facebook degli errori di comunicazione, dettati dal fatto che il social network spinge naturalmente a una risposta veloce, tra un'attività e l'altra che non si confà alla riflessione, ritengo opportuno approfondire qui un quesito che mi è stato posto prendendomi TUTTE le responsabilità di quello che scrivo.
Mi confronto spesso con un'amica (vegetariana) sul "veganesimo" e sul "carnismo" due facce forse della medesima medaglia, ovvero di un porsi problematico rispetto alla nostra alimentazione. Ne è sempre scaturito un confronto molto acceso e molto dibattuto, ove ciascuno ovviamente rimane sulle proprie posizioni, in quanto ritiene che il proprio approccio sia migliore di altri. Però dalle discussioni si dovrebbe sempre trarre uno stimolo adatto a rendere la propria visione dei fatti più aperta e più complessa, più aderente alla realtà delle cose che non sono mai solo bianco e/o nero. Ultimamente le cronache hanno riportato la nascita di farmacie che si preoccupano in modo particolare dei vegani e delle loro esigenze alimentari. Il veganesimo, per chi non lo sapesse, è una scelta di vita che implica escludere dalla propria alimentazione non solo le carni, ma anche tutti i derivati di origine animale. E' una scelta difficile e che presuppone un'etica ben precisa, laddove come etica io intendo un modo di vedere il mondo moderno, contrapposto a quello fatto di ricchezza e benessere, ma ahimè anche da una visione miope di come queste cose vengano raggiunte ed ottenute ogni giorno sulle nostre tavole (il processo della produzione del latte viene estremizzato ad esempio fino allo sfruttamento estremo degli esseri viventi). Di converso, se tale scelta è da ammirare per il rispetto di qualsiasi forma di vita, non solo quella umana, è difficilmente praticabile per quanto comporta l'esclusione dei derivati di origine animale (latte e uova) che sono onnipresenti nei nostri supermercati e connaturati con le diete/ricette alimentari che ci sono state trasmesse dai nostri nonni e genitori (pensiamo al tiramisù, alle lasagne al forno, per dire...). Quindi nel veganesimo non entrano solo a partecipare fattori di origine etica, ma anche di costume e culturale. Non è un caso che molti vegani nei loro blog si lamentino dei commenti delle altre persone (onnivore), spesso non rispettose non solo di una scelta "diversa" dal conformismo, ma anche da una scelta culturalmente radicale rispetto al pensare comune (che in genere mercifica, massifica, omogenizza, semplifica e vede un po' storto chi non la pensa nello stesso modo). Questa, sembra strano detto da me, è l'opinione che io ho maturato dei vegani. Dopodiché io sono un farmacista. Cosa penso di Farmavegana? Penso che se uno dovesse limitare a considerarsi un imprenditore ed un mero commerciante potrebbe (e SOTTOLINEO potrebbe ) considerare la cosa come un semplice fenomeno di moda passeggera, un fenomeno limitato dalla scarsità di popolazione qui in Carnia (dove tra l'altro la maggior parte delle patologie presenti negli anziani sono correlate ad un abuso della carne e derivati, spesso quasi l'unico componente presente nella dieta) e quindi una nicchia inesplorata nella quale espandere (parzialmente?) i propri commerci. Sottolineo per la terza volta che questa visione è quella di un commerciante, non di un farmacista. Ma io amo molto spesso recitare il gioco delle parti e cercare di pensare in modi diversi da quello mio proprio. Quello che effettivamente io penso, da farmacista, è che i tempi stanno cambiando ed anche l'approccio delle persone verso la propria alimentazione. In un mondo sempre più inquinato da logiche commerciali e speculative (nessuno si ricorda da che cosa sia originato il morbo della mucca pazza? Ve lo ricordo io: dal riciclo di cadaveri animali per l'alimentazione di altri animali da allevamento) come evitare abitudini scorrette? Quindi, per un farmacista, ma anche per un operatore di salute quale io mi ritengo è necessario rapportarsi al veganesimo, senza pregiudizi, ma anche con la propria cultura scientifica sempre attiva e funzionante. L'alimentazione per un vegano nella società attuale può essere un vero percorso a ostacoli. Per quale motivo dico questo? Mi spiego: innanzitutto per la reperibilità degli alimenti necessari a costruire la propria dieta, ma anche per la qualità degli stessi. Solo per fare un esempio: i primi alimenti per celiaci (persone che non possono mangiare glutine perché sono ad esse intolleranti) comparsi negli alimentari non erano di qualità eccelsa, vuoi per motivi commerciali o di scarso approfondimento culturale da parte di chi li produceva. Lo stesso fenomeno riguarda ora gli alimenti per vegetariani e vegani (esperienza personale: hamburger vegetariani surgelati a base di sole verdure, pieni zeppi di sassi e sabbia) che sicuramente andranno incontro a un'evoluzione ed a un miglioramento (come per i celiaci). L'attenzione di farmavegana può essere un inizio per porre una maggiore attenzione all'alimentazione (in questo caso dei vegani), ma io lo considero ancora più completo se FA parte di un percorso in cui il farmacista dice a se stesso che in quanto operatore sanitario e persona istruita ha la capacità di studiare, approfondire e capire quali che siano le esigenze nutrizionali delle persone che si rivolgano a lui per un'opinione o una problematica. Quindi il farmacista non deve essere SOLO farmavegano, ma ANCHE farmavegano. Tutto sommato chi entra dalla porta della farmacia lo fa per avere un valore. In questo caso il valore è l'attenzione all'alimentazione, di CHIUNQUE, qualsiasi sia la SCELTA (etica, morale, professionale). Questo soprattutto nel momento in cui, in una fase recessiva, di giorno in giorno si fanno sempre più evidenti le ragioni per le quali non solo NON è opportuno sprecare, ma anche NON è opportuno agire senza considerare le conseguenze di quello che si fa sul nostro presente e sull'altrui futuro. Cosa penso io dei vegani, allora? Che sinceramente non riuscirei mai ad esserlo (forse lo saranno i miei figli, come qualcuno mi preconizza?!?), ma questo non toglie che io non possa di tanto in tanto mangiare come loro, che io non possa approfondire le loro problematiche nutrizionali (laddove se ne riscontrino) alla ricerca di buone soluzioni, prima che arrivi lo sciamano di turno ed al mio posto consigli alimenti paradossali o composti epatotossici o fisiologicamente dannosi (cose personalmente già viste con i miei occhi). Ma questo a pensarci bene riguarda chiunque, vegano o non. Detto questo; sembrerà strano ma forse il qui presente farmacista è uno dei pochi a sapere dove è presente una pasticceria/gelateria vegana nei dintorni di Udine. Voi lo sapete? Se volete posso consigliarvi dove andare, è un'esperienza (piacevole) da provare, per CHIUNQUE. Ed ecco qua Lorenzo e Marcello ciò che penso. |
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Luglio 2023
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