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La narrazione di Paolo Paron e i Cramars

1/6/2025

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Lo scorso sabato abbiamo assistito al racconto di Paolo Paron sulle tradizioni del Nostro Friuli, attraverso la narrazione di piccole storie che fanno parte del vissuto popolare. Ascoltando quelle storie, mi sono reso conto di essere a conoscenza di cose che molti ignorano, e questo mi dispiace molto. Da qualche parte ho letto che un popolo senza passato è anche un popolo senza futuro: è indispensabile conoscere le proprie radici per capire dove dobbiamo andare, e non solo per una sorta di romantica nostalgia, ma per lasciare un'eredità di conoscenza alle generazioni future.
Pochi per esempio conoscono la storia dei Cramars. Alcuni li hanno sentiti nominare, ma pochi si rendono conto dell'importanza che abbiano avuto.
Poiché ho letto molte cose sull'argomento ed altre me le hanno raccontate, vorrei comunicarvele, non con l'intenzione di essere prolisso né con la presunzione di coprire tutti gli argomenti. Il mio desiderio sarebbe quello di darVi un'infarinatura e magari suscitare in Voi il desiderio di approfondire. Se avete dubbi, potete contattarmi o lasciare un commento a questo post del blog.

I Cramars erano una sorta di "vu cumprà" della Carnia. All'inizio del '600, in Carnia le persone comuni possedevano diversi fazzoletti di terra qui e là, ma sia la consistenza economica di quei terreni che la resa alimentare di questi terreni erano abbastanza scarne. In parole povere, da quei terreni non si riusciva a tirar fuori il necessario con cui vivere. Perché? In Carnia esiste un fenomeno chiamato "innalzamento dei limiti altimetrici". In parole povere, ad un'altitudine di 1500 metri sulle montagne della Carnia possono sopravvivere piante che in genere vivono a 200 metri di altitudine più in alto, e quindi a 1700 metri non riescono a crescere. In parole povere, fa troppo freddo per coltivare.

Fu così che quei Carnici dettero in pegno i propri terreni (inutilizzabili a scopo di produzione alimentare) e con i soldi ottenuti comprarono le spezie che provenivano dalla "vicina" Venezia. A quei tempi, Venezia era all'apice della propria potenza commerciale e la potente flotta di navi (costruita con i boschi banditi della Carnia) faceva la spola con i paesi orientali per il commercio delle spezie (cannella, macis e molto altro). I Cramars (parola derivante da Krämer, ovvero speziale) attraversavano i passi montani prima dell'autunno e dell'inverno, con una sorta di zaino da spalla costituito da una cassettiera contenente le spezie (ma anche altri materiali come i tessuti), e andavano a rivenderli in Austria e Germania. La primavera successiva, al disgelo della neve, con i passi montani nuovamente percorribili, tornavano a casa con lo zaino da spalla (crassigne) quasi vuoto e con il denaro guadagnato oltralpe dai loro commerci.

Molti morirono durante questi viaggi: l'attraversamento dei passi montani non era uno scherzo. Accadevano diversi incidenti in montagna, oppure si poteva essere attaccati dai banditi, c'erano le malattie... Nella toponomastica del territorio, ovvero nei nomi dei luoghi, rimane traccia dei percorsi dei Cramars (alcuni posti sono soprannominati "Sella dei Cramars", a indicare che di lì avveniva il passaggio prima dell'inverno e in primavera).

Altri invece fecero fortuna e, non dimenticando le proprie origini, riportarono le ricchezze ottenute in patria, dove costruirono solide case in pietra, piccole chiese nei paesi ormai sperduti con all'interno preziose pale d'altare e opere d'arte. Su alcune di queste case o chiese vi sono i simboli dei Cramars o scritte di devozione e ringraziamento.

Una leggenda narra che, con i residui di spezie rimasti nella crassigne al ritorno in patria, le donne, aggiungendo le erbe del luogo, realizzassero i Cjarsons, ovvero un piatto per i giorni di festa, anche per festeggiare il ritorno degli uomini dopo il lungo inverno. Ecco perché ogni posto in Carnia ha una ricetta diversa per i Cjarsons.

Sperando di averVi incuriosito, alla prossima.

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    Chi scrive?

    Sono un laureato, un dottorato e un farmacista, ma soprattutto mi ritengo una persona curiosa alla continua ricerca di nuove sfide. E' per questo che, durante la mia attività professionale, non smetto mai di imparare e studiare, anche solo per approfondire, o perché è piacevole in un lavoro avere sempre qualcosa di diverso con cui confrontarsi. Dopotutto per tutti quanti a questo mondo ritengo valere sempre quello che diceva ironicamente Socrate: "Una sola cosa so, di non sapere".

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